Pecchia: «La casa a Bologna i consigli di mamma e papà il sogno salvezza col Parma»
In attesa di ascoltare le sue parole nella prossima conferenza stampa (sarà domenica all‘ora di pranzo, il day after ci sarà Parma-Udinese), Fabio Pecchia è tornato a rilasciare dichiarazioni.
Lo ha fatto al quotidiano La Repubblica, che gli ha dedicato un ampio spazio sulle pagine dell‘edizione odierna del giornale cartaceo. Rispondendo alle domande della giornalista Valentina Desalvo, il tecnico del Parma ha affrontato diversi temi: dai suoi trascorsi da giocatore alla gavetta fatta alle spalle di Benitez e altri maestri. Ma l‘aspetto più interessante emerso dall‘intervista è relativo al suo Parma attuale, composto da una rosa con 16 nazionalità differenti. «Cercare di mettere insieme culture cosiÌ€ differenti, all‘inizio, eÌ€ piuÌ€ importante del fare tattica. Un giapponese non eÌ€ uno svedese, anche solo per come si relaziona alle gerarchie, percheÌ il giovane non si alza da tavola prima dei piuÌ€ anziani. Il linguaggio deve essere diverso, non solo la lingua. Negli allenamenti parlo sempre italiano, nei colloqui individuali no, per quanto mi eÌ€ possibile ovviamente» così Pecchia.
«La leggerezza, che non eÌ€ mancanza di serietaÌ€, ma capacitaÌ€ di essere concentrati su quel che facciamo adesso, senza zavorre - ha detto in risposta alla domanda sui punti di forza –. Se riusciamo a mantenerla ci aiuteraÌ€. Dobbiamo salvarci, questo eÌ€ l‘obiettivo, facendolo anche per una cittaÌ€ che ha ritrovato la Serie A e che l‘ha festeggiata tanto con noi. Mi piace andare al campo alle 7 e 30, cominciando dalla colazione insieme, percheÌ questo eÌ€ un posto bello».
La forza di Pecchia, invece, sembra quella di essersi saputo adattare alle esigenze del calcio di oggi e dei giovani: «I social hanno cambiato soprattutto il modo di stare insieme, questo mi interessa. Ho delle figlie della stessa etaÌ€, non eÌ€ che non lo capisco. Quando stavo a Bologna ci mettevamo in 15 a giocare a carte, oggi questo non succede piuÌ€ e non lo puoi replicare. PeroÌ€, piuÌ€ o meno una volta a settimana, facciamo il giorno del gioco, dal ping pong a giochi senza frontiere, l‘aspetto ludico eÌ€ formativo».
La famiglia lo sostiene e lo segue sempre. Anche mamma e papà sono (ancora) prodighi di consigli: «Sono venuti per le ultime della stagione scorsa. Mio padre, come sempre, mi dice di mettere un difensore in piuÌ€, mia madre di non arrabbiarmi tanto - ha detto il tecnico 51enne che ha deciso di risiedere in Emilia, ma non nel Ducato –. Con mia moglie e le mie figlie, qualche anno fa, abbiamo preso casa a Bologna, eÌ€ una cittaÌ€ viva, un modo di stare insieme, e i servizi funzionano. Io non potevo farle trasferire ogni volta».
Il sogno è triplice: uno dovrebbe essere difficilmente raggiungibile rispetto a quello che potrebbe realizzare alla guida dei crociati nella Serie A ‘24/‘25: «Vivere questa carriera e godermela, percheÌ facciamo un mestiere bello. Poi oltre la salvezza con Parma, vincere lo scudetto con il Lenola, il mio paese» ha concluso.