Da tessera del tifoso a fidelity card: rivoluzione culturale tra mille dubbi

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La tessera del tifoso è stata abolita, anzi no. Forse. Bho. Come spesso accade in Italia le regole e le leggi sono incomprensibili. A volte anche fuorvianti se non addirittura “contra legem”. Intanto gli stadi restano tremendamente obsoleti, gli spalti continuano a svuotarsi (non è il caso del Tardini) e i divani casalinghi registrano il tutto esaurito.
La verità su tutta questa storia è emersa oggi grazie alla presentazione della campagna abbonamenti del Parma per la stagione 2018-19. Il delegato alla sicurezza del Parma Calcio Stefano Perrone, rispondendo alle domande dei giornalisti, ha illustrato in maniera esaustiva le novità contenute nel protocollo d’intesa firmato lo scorso anno da Ministro dell‘Interno, Ministro per lo Sport, e dai presidenti di Figc, Lega Calcio Serie A, B, C e Dilettanti, Aic, Associazione allenatori e Associazione italiana arbitri. Gli unici grandi esclusi sono stati i tifosi. Come sempre. “E’ una rivoluzione culturale” l’ha definita Perrone.

Il protocollo che abolisce la tessera del tifoso (firmato nel giugno nel 2017) introduce diverse novità, ma è il caso di dire che “tutto cambia perché nulla cambi”. L’abolizione graduale della tessera del tifoso, infatti, è solo una questione formale, perché i contenuti e le restrizioni restano sempre le stesse. Oggi si chiama “Fidelity Card” ed è indispensabile per sottoscrivere un abbonamento stagionale. Per il resto cambia poco e nulla: biglietti nominali, codice degli striscioni e tamburi, steward, zone di prefiltraggio, perquisizioni e divieti vari.
La vera novità introdotta è la facoltà concessa alle società calcistiche di “condizionare l‘acquisto del titolo di ammissione alla competizione (biglietti, abbonamenti) e/o la sottoscrizione di carte di fidelizzazione da parte dell‘utente, ad una accettazione tacita di condizioni generali di contratto, contenute in un codice etico predeterminato. La violazione di questo deve comportare, quale meccanismo di autotutela, la sospensione o il ritiro del gradimento della persona da parte della medesima società per una o più partite successive“.
In poche parole, il Parma potrà “rifiutare l‘accesso a quelle persone responsabili di comportamenti che possono costituire turbativa. Le persone cui viene rifiutato l‘accesso o che sono state espulse dallo stadio per qualsiasi motivo, non hanno diritto al rimborso” del biglietto.

Inoltre, è vietato “registrare, trasmettere o in ogni caso sfruttare: (i) contenuti sonori, visivi o audiovisivi della partita a parte per proprio uso personale e privato; o (ii) qualsiasi dato, statistica e/o descrizione della partita a parte per propri fini non commerciali”. Nella realtà dei fatti succede l’esatto contrario: tutto lo stadio fa video e foto (che poi pubblica sui social network o diffonde attraverso waztapp), tranne una sparuta minoranza in tribuna stampa, cioè i giornalisti; gli unici ad essere realmente controllati dagli organi competenti, in questo caso dagli ispettori della Lega Calcio o dagli steward.

La non applicazione di questo sistema porta sanzioni alle società sportive fino a 400mila euro – ha continuato a spiegare Perrone -. Il Daspo resta una decisione in mano alle forze dell’ordine, ma la federazione ci chiede di decidere sul comportamento del singolo tifoso. In questo modo la società si autotutela in caso di comportamenti dannosi”. In sostanza “è un contratto privatistico tra il club e il tifoso”. Il costo della Fidelity Card del Parma è di 8 euro.
La dinamica di eventuali contestazioni nei confronti dei tifosi è singolare: il soggetto interessato avrà 30 giorni di tempo, dalla data della notifica, per presentare una memoria difensiva. nel caso in cui non si dovesse raggiungere un’intesa (società/tifoso) l’ultima parola spetterà al cda del Parma Calcio 1913. “Siamo chiamati al buonsenso e al dialogo. Per noi è una situazione scomoda” ha ammesso Perrone.

L’indipendenza dei club, i veri proprietari dello spettacolo calcio, è un interessante passo in avanti, ma il vero problema è che tutto l’ambaradan passa sempre dalla decisione finale del Gos e dell’Osservatorio sulle manifestazioni sportive. L’ultima parola spetterà sempre a loro, salvo che non si tratti di partite non a rischio. E così le trasferte vietate e le restrizioni nell’acquisto dei biglietti continueranno ad essere argomento di stretta attualità, ogni settimana. Come accade dal 2007 ad oggi. Parallelamente (ne sono sicuro) aumenteranno le diatribe e le discussioni su regolamenti e norme civilistiche che calpestano i diritti del consumatore. Ricorsi e contro ricorsi. Divieti e contestazioni.

Stando al disciplinare firmato da politica e sport, a partire da questa stagione (2018-19) assumerà un ruolo centrale la figura dello SLO, cioè il responsabile del rapporto con la tifoseria. Una scelta dettata dall’esigenza di per far fronte “alle nuove fondamentali incombenze legate al ticketing”.

Un groviglio di regole e normative a cui il Parma e le altre società sono obbligate a sottostare (possibilmente senza esprimere dissenso), che nelle intenzioni dei promotori dovrebbe riavvicinare le famiglie agli stadi (il solito ritornello). Speriamo sia veramente così. Di sicuro gli ultimi 11 anni sono stati un disastro che hanno certificato il fallimento della tessera del tifoso. Ora ci riprovano, cambiando tutto per non cambiare niente, appunto.
Quando in fondo basterebbe applicare o inasprire le leggi già esistenti (civili e penali) contro i delinquenti del pallone che nell’ultimo ventennio hanno (ri)portato la lotta “ultras” fuori le mura degli stadi, là dove una società di calcio non ha “giurisdizione”.

 

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